eNEWS 394

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Ben ritrovati! Tanti appuntamenti in questi giorni. Utilizzo l’enews di giugno per fare il punto insieme a voi su alcune delle prossime sfide che attendono il Governo. Non potendo scriverle tutte, ne ho scelte dieci. Mi perdonate la lunghezza? Grazie!

Grecia. Molta tensione sui mercati internazionali e nell’ambito del Consiglio Europeo per il rischio default in Grecia. Tutti stiamo lavorando per dare una mano al Governo Tsipras. L’impegno europeo, tuttavia, deve essere accompagnato da uno sforzo vero di riforme che Atene può e deve fare. Noi vogliamo che la Grecia resti nell’Euro e stiamo facendo di tutto perché ciò si verifichi. Anche i greci devono, però, fare la loro parte. Molte telefonate incrociate in queste ore. Lunedì, ore 19, Bruxelles: Vertice straordinario dei capi di governo dell’EuroGruppo.
Immigrazione. Tema difficile non solo per la delicatezza dell’argomento. Ma anche per le paure che suscita. Occorre decisione, determinazione ma anche buon senso e responsabilità, specie pensando che le regole europee sembrano scritte (Dublino II) contro gli interessi del nostro Paese che allora – incomprensibilmente – le appoggiò. Un problema di portata storica come le migrazioni nel Mediterraneo si risolve solo attraverso una strategia di lungo respiro: cooperazione internazionale, accordi con Paesi africani, pace in Libia, lotta contro gli scafisti/schiavisti, procedure diverse per l’asilo politico, solidarietà europea sia a livello economico che di accoglienza. I numeri sono gli stessi dello scorso anno (58.660 contro 58.200 del 2014). L’enfasi politica e comunicativa no. Non riguarda solo l’Italia, sia chiaro. Dalle recenti elezioni danesi fino all’ipotesi di costruzione di un muro tra Serbia e Ungheria, proprio nel cuore dell’Europa, che doveva essere la patria di chi i muri li abbatte: in tutto il continente la discussione sull’immigrazione è accesa. Occorrono soluzioni concrete ancora più rapide, ma serve anche una scommessa culturale che porti l’Europa ad abbandonare la paura per tornare a scegliere il coraggio. Che non vuol dire accogliere tutti ma significa riconoscersi in regole chiare e condivise da rispettare insieme. Tutti insieme: perché è impossibile pensare di lasciare solo un Paese. Nel frattempo ogni volta che un italiano salva una vita sono sempre più orgoglioso di essere alla guida di un Paese che sta scrivendo una pagina di civiltà in mezzo a tanta demagogia. Ma che non può fare tutto da solo. Ne parleremo al consiglio europeo di venerdì 26 e anche all’Expo domani durante un incontro con Francois Hollande aperto al contributo di alcuni pensatori e uomini di cultura.

Expo. A proposito di Expo. Doveva essere un fallimento totale e sarebbe divertente andare adesso a riprendere la rassegna stampa di chi ne chiedeva il blocco appena qualche mese fa. Invece funziona, circa sette milioni di visitatori hanno già varcato i cancelli, il dibattito culturale sui temi dell’alimentazione è straordinario. Nei giorni scorsi molti leader da tutto il mondo si sono recati in visita ufficiale, da Michelle Obama a Vladimir Putin, da David Cameron a capi di stato e di governo di tutto il pianeta (solo nelle ultime due settimane e solo citando capi di stato e di governo: Argentina, Cile, Colombia, Bolivia, Ecuador, Spagna, Messico, Montenegro, Slovenia, Irlanda, Estonia, Svizzera. In arrivo nei prossimi giorni: Francia, Serbia, Kazakistan). Quando l’Italia fa il suo mestiere, quando cioè l’Italia fa l’Italia, non ce n’è per nessuno. Gufi compresi. E grazie ai tanti di voi che nei mesi scorsi mi hanno invitato ad andare avanti quando le cose sembravano mettersi male per expo: conservo alcune email bellissime di chi mi invitava a fare di tutto per non bloccare i lavori. Avete avuto ragione voi, ha avuto ragione l’Italia. Stiamo lavorando perché con un accordo Expo-Inps le persone anziane meno abbienti possano avere la possibilità di partecipare all’evento durante l’estate. E sono molto fiero dei treni che l’Unitalsi sta organizzando per Milano. Perché se siamo felici della presenza di tanti capi di stato, siamo ancora più contenti per i milioni di cittadini comuni che ci onorano con la loro presenza.

Economia. La ripresa c’è, i segnali sono molteplici, ma non sono ancora contento. L’Italia è sulla buona strada, ma deve ancora liberarsi da vincoli e paure. C’è molto da fare, specie nel settore che ha patito più la crisi, l’edilizia. Anche in aprile la produzione industriale nel settore costruzioni ha segnato un dato negativo (-0,3%). Ripartono i consumi, cresce il Pil, aumentano i posti di lavoro. Ma se non riparte l’edilizia, la situazione occupazionale non tornerà mai quella di prima. Quindi al lavoro, con ancora maggiore intensità. Dobbiamo sbloccare le opere pubbliche ferme (segnatevi la data dl 25 giugno, al mattino, Palazzo Chigi), semplificare le procedure amministrative (bene il codice degli appalti passato in prima lettura al Senato giovedì, adesso stringiamo sulla riforma della pubblica amministrazione alla Camera), agevolare gli investimenti pubblici e privati. Da una prima analisi, vediamo come almeno un punto percentuale di Pil (circa 17 miliardi di euro) sia bloccato da ritardi e procedure complicate. Sbloccare l’Italia significa dare ossigeno all’economia e far entrare il futuro dalla porta principale. Dobbiamo farlo, però, nel pieno rispetto del punto successivo, quello della sostenibilità ambientale.

Ambiente. Già, perché il tema è assolutamente centrale. Papa Francesco ha appena pubblicato l’enciclica “Laudato si”. In Francia fervono i preparativi per il COP21, l’appuntamento globale del prossimo dicembre che dovrebbe segnare una svolta nella lotta contro il cambiamento climatico. Le varie riunioni internazionali, ultimo il G7 tedesco, dedicano ampie discussioni al tema. L’Italia sta dimostrando una rinnovata attenzione su questo tema. Stiamo proponendo un doppio cambio di mentalità. Il primo legislativo, con l’approvazione della legge sugli ecoreati. Che non è una promessa, ma un impegno mantenuto dopo che per anni si erano fatte solo chiacchiere. Il secondo culturale. L’Italia è tra i primi al mondo per contributo del solare al fabbisogno elettrico del Paese e abbiamo anche eccellenze come la geotermia o le biomasse. Ma purtroppo – questo è il problema – siamo leader soprattutto nelle tecnologie, non ancora nelle filiere produttive. Il tema della green economy non è un passatempo per addetti ai lavori, ma deve diventare una scommessa di politica industriale. E ciò che stanno facendo su climate change le nostre aziende, a cominciare da Eni e Enel, è motivo di orgoglio per tutta l’Italia. Naturalmente sta sullo sfondo un problema strutturale: negli ultimi anni, per effetto di scelte politiche sbagliate in Europa e di una diversa politica energetica negli Stati Uniti, abbiamo speso molto per incentivare la riduzione delle emissioni ma è tornato a crescere il carbone. E questo costituisce una contraddizione in termini che dobbiamo affrontare fin dalla preparazione di Parigi 2015: noi iniziamo lunedì 22 con un convegno su questo alla Camera dei Deputati.

Fisco. Sono pronti sei decreti legislativi che porteremo martedì in consiglio dei ministri e che cambieranno profondamente il rapporto tra cittadini e Stato. Soprattutto per le aziende, all’inizio. Ma in prospettiva anche per i cittadini, per i quali abbiamo iniziato con la dichiarazione dei redditi precompilata (a proposito: chi tra voi ha fatto la dichiarazione dei redditi precompilata? Come vi siete trovati? Cosa ci suggerireste per cambiarla?). Il nostro Governo è il primo che ha ridotto le tasse per un valore di 18 miliardi, a partire dall’operazione 80 euro e dal taglio su quelle sul lavoro con il pacchetto JobsAct. Ma ancora non è sufficiente, lo sappiamo. Tuttavia iniziare con il rendere più semplice il fisco è un ulteriore passo. Il prossimo sarà la semplificazione del sistema dei tributi locali, a partire da un’unica tassa comunale anziché tutti i balzelli che conosciamo.

Riforme istituzionali. Con il superamento delle province abbiamo ridotto il numero dei politici in Italia. Ci sono circa duemila persone in meno che fanno politica di mestiere. Per la prima volta nella storia italiana, insomma, si sono tagliate le poltrone. Con la riforma della pubblica amministrazione daremo tempi certi per evitare che in Italia si impieghi più tempo per avere le carte che non per tirare su un capannone o fare un parcheggio. Ma la svolta più grande naturalmente è la riforma costituzionale. Cambia il titolo V, cioè il rapporto tra Stato e Regioni con competenze finalmente più chiare. Cambia il Senato che non dà più la fiducia, non replica lo stesso iter delle leggi e viene composto da rappresentanti dei territori, come accade in molti altri Paesi. Anche in questo caso: meno politici, più politica. Principio confermato dall’eliminazione di enti non più utili, come il CNEL. Il referendum costituzionale – che si terrà nel 2016 – lascerà ai cittadini l’ultima parola. Ma quello che sta accadendo in Italia è impressionante: tutti dicevano che la classe politica non sarebbe mai stata in grado di riformare se stessa, di ridurre le poltrone, di semplificare i propri procedimenti. Certo: in Parlamento c’è anche chi sa solo protestare. Vero. Ma l’idea che la maggioranza non rinvii le decisioni, non perda tempo, non si nasconda davanti alle proprie responsabilità è un fatto di grande rilievo. Se sei al Governo e vuoi sconfiggere il populismo e l’antipolitica l’unica strada che hai davanti a te è fare le riforme. Farle presto, farle bene, farle tutte. E su questo non ci fermeremo mai.

Scuola. 100 mila persone in più, più soldi per gli insegnanti, il merito nella valutazione e una diversa organizzazione basata sull’autonomia. I governi che ci hanno preceduto hanno tagliato, noi mettiamo più soldi. Tanti. Perché per noi investire nella scuola è investire nel futuro. Chi è contrario cerca di bloccare la riforma in Parlamento con migliaia di emendamenti, per impedirne l’approvazione, salvo poi accusare il governo di non voler fare le assunzioni. Non siamo noi che vogliamo fermarci, ma le assunzioni hanno senso solo se cambiamo la scuola, se c’è un nuovo modello organizzative. Le scuole non sono un ammortizzatore sociale: come diceva don Milani in Lettera a una professoressa “il problema della scuola sono i ragazzi che perde”. Investire sui docenti serve a migliorare la qualità educativa per i nostri figli, non ad accontentare qualcuno. Nella conferenza nazionale sulla scuola di luglio mostreremo concretamente anche tutti i passi in avanti nel settore dell’edilizia scolastica, non solo a livello economico ma anche nella qualità architettonica e di sostenibilità energetica. E terminata la lunga polemica sulla scuola potremo finalmente concentrarci su università e ricerca perché è il capitale umano il cuore del futuro dell’Italia.

Pd. Abbiamo vinto le regionali, ma perso qualche ballottaggio di troppo, da Venezia ad Arezzo, da Matera a Fermo (e queste sconfitte hanno messo in secondo piano vittorie bellissime come quella di Mantova o le conferme dei nostri sindaci da Lecco a Macerata). È importante che il PD non perda mai il contatto con i problemi dei cittadini. Talvolta invece abbiamo dato l’impressione di essere autoreferenziali anche noi, parlandoci addosso. Il PD ha vinto le Europee, ha vinto le regionali (nelle 12 regioni in cui si è votato con la nuova segreteria, prima avevamo 5 presidenti su 12, adesso ne abbiamo 10 su 12), ma deve essere attrezzato bene perché la sfida del 2018 non sarà una passeggiata. Dunque formazione, organizzazione, confronto di idee. Siamo il partito più votato non solo in Italia ma anche in Europa dove la sinistra raccoglie purtroppo un’altra sconfitta, in Danimarca. Il PD deve parlare agli italiani, non alle proprie correnti e io per primo devo far tesoro di questo messaggio. Anche perché abbiamo una grandissima responsabilità: restituire orgoglio all’Italia e fiducia agli italiani. Urlare e insultare riesce a tutti, cambiare e costruire invece tocca a noi. Intanto il 30 giugno torna in edicola l’Unità: buona lettura!

Nel mondo. Ho partecipato al G7 in Germania e ho molti impegni internazionali nelle prossime settimane. Registro un piccolo fatto, che avrebbe dovuto essere scontato ma non è stato così troppo a lungo: a differenza del passato, adesso, l’Italia non è più il problema. Sull’economia siamo considerati non più il malato da curare ma come un partner. Sui temi strategici del futuro come il clima, l’ambiente, la cooperazione allo sviluppo, sul ruolo delle donne, abbiamo molto da imparare ma anche da raccontare, sia a livello di proposte che di buone pratiche. Sulle grandi crisi internazionali l’Italia c’è (qui il video del mio discorso ai nostri connazionali in Afghanistan). Non più parte del problema, dunque, ma parte di una soluzione comune, condivisa. Con una punta di orgoglio: il nostro è un grande Paese che, talvolta, deve imparare a volersi più bene, a raccontarsi con il senso di sé che spesso hanno i nostri partner, in Europa e nel mondo. Siamo l’Italia, cerchiamo di non dimenticarlo mai.

Pensierino della sera.
Tanti segnali dicono che finalmente le cose si sono rimesse nella giusta direzione. Carinaro, Campania: sembrava uno stabilimento destinato alla chiusura, si è aperto uno spiraglio interessante. L’Alfa Romeo presenta mercoledì la nuova Giulia: dopo Melfi ripartirà anche Cassino, vedrete. L’export che continua a crescere alla grande. E martedì prossimo sarò a Courmayeur per inaugurare la nuova funivia del Monte Bianco, capolavoro di ingegneria del quale dovremmo essere orgogliosi. Ma se devo citare la buona notizia del mese penso ad una cosa che può sembrarvi piccola, ma che mi sta molto a cuore. Ieri il ministro Franceschini ha inaugurato una mostra degli Uffizi a Casal di Principe nella terra di don Peppe Diana, martire della camorra. Uffizi & don Peppe: che bello! Mi piace l’idea che anche la cultura sia decisiva nella sfida contro la criminalità organizzata e l’illegalità.

Un sorriso,
Matteo

PS Nella mia newsletter ci sono anche molti studenti dell’ultimo anno delle superiori. Come vi sono sembrate le prove di quest’anno? E, soprattutto, toglietemi una curiosità: quale tema avete scelto voi? matteo@governo.it

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