Intervista di Claudia Fusani – l’Unità
Chi saranno i veri tacchini a finire arrosto?
Ricordo che i senatori potranno essere eletti alla Camera in competizione con gli attuali deputati». Rosa Maria Di Giorgi spezza con un sorriso l`aria da crepuscolo che ormai si allunga su palazzo Madama, specie ora che il requiem è nelle quaranta pagine del disegno di legge con cui il governo ha deciso di riscrivere circa settanta articoli della Costituzione a partire dalla riforma del Senato. Ex assessore a palazzo Vecchio, ricercatrice del Cnr, Di Giorgi, è iscritta da sempre nella grande famiglia dei renziani. Ma è persona che continua a ragionare con la propria testa. E a dire con serenità: «Ben vengano modifiche al testo del governo se servono a garantire tutti i sistemi di pesi, contrappesi e garanzie necessari alla democrazia».
Il presidente Grasso ha fatto bene ad intervenire?
«Il presidente Grasso aveva ed ha titolo per intervenire sul dibattito che si è aperto sul Senato. Le sue opzioni sono un contributo e come tali vanno analizzate. Non condivido la veemenza di certi attacchi nei suoi confronti. In quanto all`accusa di aver smesso i panni dell`arbitro, su un tema così delicato sarebbe stato davvero strano il silenzio».
La riforma avrà il primo voto, dei quattro previsti, entro il 25 maggio?
«Credo di sì perchè tutti i senatori vogliono superare il bicameralismo perfetto ed è chiaro che questo presuppone una riforma radicale del Senato. Il tutto è finalizzato alla semplificazione del nostro sistema necessaria per allinearci con i paesi affidabili che attirano investimenti».
E però proprio il Pd, con il senatore Vannino Chiti, rimette tutto in discussione con un ddl che rompe due dei quattro tabù del premier: elezione diretta di 315 deputati, 106 senatori e relative indennità. La condivide?
«In questo momento sembra disarmonica e difforme rispetto ad un percorso sin qui condiviso dalle tre mozioni del congresso e che rispetta la necessità di dare più rappresentanza al territorio. Capisco che ci siano sensibilità diverse e la difficoltà ad immaginare un senato costituito da persone che non ci lavorano a tempo pieno. In questo momento però le energie di tutti devono essere impegnate su quali funzioni, quali garanzie e sugli equilibri con l`altra camera. Partiamo da qui. Il resto viene di conseguenza».
Quali i punti deboli del testo del governo?
«Sulla composizione, ho dubbi sulla presenza dei sindaci. Ritengo che la funzione legislativa, tipica degli eletti in Regione, debba prevalere su quella amministrativa dei sindaci».
Circa le funzioni?
«Il nuovo Senato dovrà dare omogeneità salvaguardando le autonomie. Non ci possono essere più tante Italie su sanità, turismo, diritto allo studio etc. Occorre tornare ad una unitarietà di intervento, leggi quadro emanate dal Senato e poi declinate dalle varie Regioni».
Il nuovo Senato manterrà i poteri di revisione costituzionale.
«Senza dubbio, proprio per rispettare il sistema di pesi e contrappesi. Questo è un punto molto delicato. Molti costituzionalisti dicono che senza il mandato popolare, i nuovi senatori non potranno avere questo ruolo. Se così fosse, è chiaro che andrebbe rivista anche la composizione».
Quindi la non eleggibilità non è un tabù?
«Come ho detto, prima le funzioni, il rispetto del bilanciamento dei poteri, poi si vede. Se ad esempio, come ha fatto notare anche Grasso, ci fosse il rischio di un vulnus alla democrazia rispetto alla Camera eletta con un sistema così fortemente maggioritario come l`Italicum, occorrerà affrontare con rigore questa delicata questione».
Lo stanno facendo fior di costituzionalisti apostrofati come “Professoroni”.
«Non userei questa parola. Osservazioni poste da studiosi di così alto prestigio devono essere analizzate con attenzione. Non bisogna temere il confronto e il dibattito costruttivo».
Teme che il congresso del Pd sia ancora in corso?
«Vorrei escludere giochi torrentizi su questioni così delicate».
Si può arrivare agli stessi risultati posti dal premier Renzi da strade diverse?
«Il governo ha proposto un proprio disegno di legge. A risultato invariato, cioè il superamento del bicameralismo perfetto, anche il premier ha ribadito l`apertura ad eventuali modifiche che ne mantengano i principi fondanti».