Non sta mai fermo, non porta a termine un compito, non ascolta, non rispetta le regole. È aggressivo oppure se ne sta per conto suo, non riesce a restare concentrato per più di pochi minuti o addirittura pochi secondi e quindi a scuola non fa progressi. Non ha amici, viene emarginato e gli insegnanti spesso pensano che sia un ritardato mentale. Un bambino con questi comportamenti non è affatto ritardato, anzi è molto intelligente ma potrebbe avere l’ Adhd, sindrome da iperattività e deficit di attenzione. Di tale disturbo fino a pochi anni fa non si sapeva nulla, oggi se ne parla sempre più spesso e per migliaia di famiglie è cominciato un lungo calvario.
L’Adhd è stato l’argomento al centro del convegno “Attenzione e disattenzione: dalle basi neurofisiologiche all’intervento in classe” che si sta svolgendo da questa mattina nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio.
All’iniziativa, organizzata dalla sezione toscana dell’Aidai (Associazione Italiana Disturbi dell’Attenzione e Iperattività) in collaborazione con l’assessorato all’educazione, partecipano alcuni esperti del settore come Giuseppe Cossu (università di Parma), Lucia Bigozzi e Tamara Zappaterra (università di Firenze), Daniele Fedeli (università di Udine) e Fabio Celi (università di Parma).
Di fronte a questo quadro complesso e variegato, genitori e insegnanti si trovano molto spesso disorientati per varie ragioni: attendono invano che il bambino si “dia una calmata” con la crescita; non riescono a capire il motivo per cui manifesti un simile comportamento (spesso dandosi delle spiegazioni drastiche ed erronee); tentano inutilmente varie strategie, spesso disorganizzate, sperando di risolvere completamente il problema; infine ammettono la loro sconfitta e si ritrovano incapaci di gestire la situazione.
I genitori, dal canto loro, alternano momenti di frustrazione, rabbia e depressione: frustrazione procurata dalla sensazione di impotenza che vivono interagendo con il proprio figlio; rabbia, perché vorrebbero che il loro figlio non fosse così “pestifero” e non procurasse tanti problemi; depressione, perché temono per il suo futuro. Da parte loro gli insegnanti, non sapendo come gestire questi alunni, a volte perdono la pazienza attribuendo loro la colpa dei risultati insoddisfacenti di tutta la classe; in altri casi li accusano di qualsiasi marachella che ha luogo negli ambienti scolastici; inoltre riescono difficilmente a sottolineare le loro azioni positive.
Per questo e altri numerosi motivi, alcuni esperti hanno ritenuto importante riunire tutte le competenze delle persone coinvolte in questo problema: psicologi, medici specialisti, docenti e genitori di bambini con Adhd ed hanno costituito l’Associazione Italiana Disturbi di Attenzione e Iperattività (Aidai).
L’Aidai (http://www.aidaiassociazione.com/index.html) collabora da anni con “Le Chiavi della città” e il Cred-Ausilioteca (il ‘Centro Risorse Educative Didattiche-Ausilioteca’, un servizio comunale che opera nel settore delle disabilità e rappresenta un importante riferimento per le scuole fiorentine e regionali sia per la formazione che per la consulenza agli educatori e alle famiglie) proponendo alle scuole sia la formazione per gli insegnanti che le attività in classe con i ragazzi.
«Questo disagio – ha spiegato l’assessore all’educazione Rosa Maria Di Giorgi intervenendo al convegno – rappresenta una zona grigia all’interno delle scuole. Di qui la necessità di dotare gli insegnati degli strumenti adeguati: a Firenze esiste una struttura specifica che fa formazione specifica per gli insegnati, il Cred-Ausilioteca. E’ un punto di riferimento non solo per gli insegnanti di Firenze ma anche per quelli dei Comuni limitrofi».
Il Comune di Firenze – ha ricordato l’assessore – investe oltre 3milioni e 800mila euro per gli operatori di supporto al sostegno scolastico e per la formazione degli insegnati perché non vogliamo abbandonare a se stessi quei bambini che non partono con pari opportunità rispetto agli altri».
«E nel bilancio – ha sottolineato Rosa Maria Di Giorgi – non taglieremo neanche un euro su questo settore. Un’altra delle attività che intendiamo svolgere all’interno delle scuole è una comunicazione, all’inizio dell’anno scolastico, a tutti i genitori su questo tipo di disturbi che spesso non vengono riconosciuti dalle famiglie stesse e che sono fonte di disagio per i bambini. C’è bisogno quindi di particolare attenzione per riconoscere il problema e la necessità di instaurare un filo diretto tra famiglia e insegnanti».