La notizia che il Pd intende sostenere il referendum della CGIL contro il Jobs Act, se non fosse preoccupante sarebbe quantomeno curiosa. Il Partito Democratico votò a suo tempo giustamente quella riforma che rappresentava un cambio di passo fondamentale in un mondo del lavoro che era irrimediabilmente cambiato, con l’esplosione della flessibilità lavorativa e delle partite IVA. C’era bisogno di dare delle risposte in termini di welfare, di garanzie, di strumenti, di formazione per milioni di lavoratori che non avevano più il famoso ‘posto fisso’ e che erano pertanto consegnati a un vero e proprio Far West. Il Jobs Act, lungi dal togliere garanzie ai lavoratori ne introduceva di nuove, creando percorsi di regolarizzazione laddove possibile, ed in ogni caso dando risposte ai lavoratori autonomi, soprattutto giovani e giovanissimi. Quel percorso non va interrotto ma implementato.
La foga iconoclasta verso tutto quello che Matteo Renzi, e noi con lui, abbiamo realizzato negli anni del suo Governo, rappresenta qualcosa di incomprensibile dal punto di vista politico. Un chiaro tentativo di far valere le rendite di posizione acquisite negli anni, rispetto agli interessi veri dei lavoratori, oggi alle prese con carriere spesso frammentate, discontinue, talvolta accidentate, a cui la politica è chiamata a dare risposte innovative. Risposte che non possono essere quelle della volontà strumentale di ‘vendicarsi’ di un passato non gradito.