Parità di genere e violenza sulle donne: c’è ancora tanto da fare

Parità di genere e violenza sulle donne: c’è ancora tanto da fare

Oggi in Aula sono intervenuta sulla mozione per la promozione della parità di genere e per prevenire e contrastare la violenza contro le donne. Questo il testo del mio intervento.

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La mozione che discutiamo si inquadra in un contesto abbastanza consolidato, tragicamente, quello di una situazione di sofferenza delle donne italiane, ma non solo. Una situazione di sofferenza e di ineguaglianza che interessa le donne in ogni parte del mondo, con picchi di violenza e di oscurantismo culturale assolutamente intollerabili.

La celebrazione della giornata dell’ 8 marzo naturalmente continua ad avere senso, molto senso in questi anni in cui non si può esitare ad affermare, senza poter essere smentiti, che per certi versi si avverte un regresso nella cultura e nella modalità di affrontare la questione femminile. Si parla ancora di questione femminile perché  è una questione. Perché è drammatica, grave, ancora e ancora, anche nel nostro paese. Parlerò di quote rosa, senza temere il giudizio di coloro che non le vogliono e che parlano ancora di “movimento dei panda”…che noia!! Soprattutto quando lo sentiamo dalle stesse donne che si sentono emancipate. Anche per loro, che non si rendono conto, continueremo la nostra battaglia.
Sì le quote Rosa. Parto proprio da quelle. Nelle nomine, nei Consigli di Amministrazione, negli organi politici ed amministrativi.

Le quote rosa sono necessarie, sempre più necessarie via via che cresce la competenza delle donne. Ma ancora si fa finta di nulla da parte di coloro che hanno responsabilità nelle nomine. E in questo senso apprezzo il presidente del Consiglio Conte che si è impegnato con noi, donne dell’Intergruppo, a tenere in considerazione le candidature femminili per le prossime importanti nomine. La stessa cosa dovremo fare noi all’interno dei nostri partiti e gruppi parlamentari perché finalmente ci sia equità e cambi il trend consolidato di eleggere e/o nominare sempre e solo uomini.
Si alza ancora forte in Italia e nel mondo il grido delle donne che a tutt’oggi, nel 2020, sono violentate in senso fisico e in senso culturale.

Signor Presidente, da oltre 30 anni intervengo su queste questioni nei vari ambiti di riferimento,  perché ho sempre seguito fin dalla mia giovane età, la condizione della donna nel nostro paese e non solo. Sono tra coloro che ha combattuto tutte le battaglie delle donne dell’ultimo trentennio e l’ho fatto con convinzione. L’ho fatto con la necessaria rabbia, in certi momenti, l’ho fatto con la voglia di lasciare un mondo diverso a mia figlia, l’ho fatto con l’idea che fosse necessario che tutte si impegnassero contro la cultura dominante, una cultura che ci voleva ancora relegate in ruoli che non sono più sopportabili.
Le donne più sono consapevoli, più si attrezzano per opporsi alle palesi disuguaglianze di cui sono vittime, nonostante un apparato normativo ormai abbastanza evoluto nel nostro paese.
Le leader possono e direi devono essere le donne che hanno avuto opportunità, per contesto sociale e familiare favorevole. Persone che non esito a definire fortunate rispetto a tante altre,  persone che hanno potuto studiare, lavorare, che hanno l’opportunità di essere considerate ed ascoltate. Abbiamo creato movimenti, abbiamo riempito piazze, abbiamo fatto battaglie epocali. Ma a questo punto della mia vita (e ho condiviso questa opinione con tante che hanno fatto il mio stesso percorso di consapevolezza) mi chiedo tuttavia quanto tutto questo sia servito. Mi spiego. Certamente sì, infatti abbiamo leggi che proteggono le donne, leggi che finalmente riconoscono i loro diritti su tutti i fronti.  Abbiamo fatto passi da gigante sulle questioni relative ai diritti civili. A livello nazionale e a livello locale (Regioni e Comuni). Abbiamo sviluppato, con troppe differenze territoriali, purtroppo, tutti i servizi necessari che possono essere di supporto alla famiglia e che possono garantire alle donne la libertà.
Appunto la  libertà, che è libertà di poter lavorare (condizione essenziale non negoziabile mai),  libertà nella relazione matura con il compagno. Libertà che vuole essere comunque qualcosa che non le trasformi in altro. Libertà significa mantenersi donne vere, donne fino in fondo, donne con le proprie caratteristiche, donne in carriera. Sì, donne in carriera, che hanno diritto di avere un mondo a loro misura. Non fotocopie sbiadite e infelici di maschi, appunto, in carriera.
Ecco proprio questo è ciò che secondo me manca ed è mancato nell’approccio culturale a questo tema. È mancata la convinzione in molti, forse anche nelle donne, che la nostra società debba essere costruita a misura di un uomo e di una donna diversi, ambedue davvero con funzioni simili, fuori e dentro casa. Così non sarà più la donna a doversi adattare a meccanismi costruiti, talvolta inutilmente, per uomini disinteressati a famiglia e figli. Si può avere una organizzazione diversa. Basta esserne convinti.
Conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura non solo per le donne. Avere pari opportunità significa essere messe nella condizione di poter avere ed esercitare tutti i diritti, ma anche quello di essere madre e/o padre, di stare ambedue vicino ai propri figli quando ce n’è bisogno.
Basta con il senso di colpa vissuto solo dalle madri perché lo stereotipo a noi consegna questo ruolo. Costruire un mondo diverso significa costruire un mondo in cui ci sia spazio per il sentimento materno per i figli che non è qualcosa da nascondere, ma un valore forte, un elemento fondante per l’equilibrio della società, ma mai posto in alternativa all’affermazione della donna nel mondo del lavoro. Se però esaminiamo  mestieri e professioni ecco che vediamo quanti insormontabili ostacoli soffocano le donne e quali e quanti sono i problemi che dovranno ancora essere superati. Certo posso fare qualsiasi lavoro se sono una donna, sulla carta, ma se si pone il caso di dover andare all’estero per lunghi periodi non è certo la donna quella che si allontana da casa; se c’è bisogno di scegliere un Direttore Generale si sceglierà un uomo che in quanto uomo, per definizione, non metterà mai la famiglia come ostacolo.

E allora? Abbiamo assistito a una trasformazione della donna costretta a scegliere tra l’avere un figlio oppure mantenere un livello alto nel lavoro, o mantenere il lavoro stesso. Troppo spesso si rinuncia al figlio e così si produce un enorme danno demografico, che è ciò cui stiamo assistendo con estrema preoccupazione. In Svezia ad esempio quando nasce un bambino viene concesso un anno sia al  padre che alla madre. Un anno in cui possono stare  con il bambino. Successivamente sono garantiti gratuitamente tutti i servizi  necessari per poter gestire un nuovo nucleo familiare. Sappiamo come fare, quindi serve uno sforzo in più. Qualcosa che solo i governi di centrosinistra possono attuare. Noi paghiamo un prezzo alto per il gap accumulato in decenni di governi disinteressati a questi temi e orientati a non valorizzare il ruolo della donna e di una famiglia costruita su basi diverse da quelle che vedevano solo la madre al servizio di figli e marito. È la sfida di un nuovo welfare, di un welfare che sappia rispondere ai bisogni, ma anche ai desideri della nuova famiglia. Dobbiamo garantire ciò che ancora non hanno alle giovani generazioni e alla nostra Italia e quindi c’è bisogno di  combattere ancora, di non fermarsi mai.
Dobbiamo abbattere senza più giustificazioni quella cultura di fondo, ancora da paese incivile, che solo la scuola può aggredire. Purtroppo abbiamo ancora esempi diffusi, troppo diffusi, di ragazze che si ispirano a stereotipi che devono essere superati con forza. Essere compagna di un uomo potente, usare i suoi danari, che sia un manager o un giocatore di calcio, ahimè, una sorta di schiava moderna e…(poveri noi) felice di questo stato. Una donna obbligatoriamente bella. Una donna che non ha senso senza la propria bellezza. Il corpo che diventa strumento. E tale viene considerato. Un corpo usato dalla pubblicità, dal cinema, dallo spettacolo, il corpo usato e violato. Violato continuamente, dalla pubblicità sui mostri muri, anche dalla moda e  violato da tutti coloro che lucrano su una donna che sia soltanto corpo e bellezza. Da qui alla violenza fisica e al femminicidio il passo è breve. La donna non deve pensare, non deve essere indipendente, deve essere a tua disposizione e se poi si innamora di un altro…impossibile da sopportare. Uomini da formare, ragazzi da educare a scuola, ragazzi che devono crescere pensando che il rispetto per la donna deve essere elemento fondante della propria esistenza. Opponiamoci all’ignoranza, alla prevaricazione, alla tradizione violenta, usciamo dal degrado delle coscienze spesso anche figli della povertà e dell’esclusione sociale. Ricostruiamo la nostra società, senza distinzioni di territorio e di condizioni sociali. Dalle pari opportunità per le persone, intese come uomini, donne e bambini, nascono pari opportunità  per le donne, difficilmente raggiungibili in condizioni di disagio economico e, di conseguenza, molte volte,  morale. La giustizia sociale e la battaglia per gli ultimi può essere la base di partenza per opporsi alla violenza sulle donne. Leggi contro la povertà, leggi che aiutino nelle situazioni di degrado, leggi a favore dei figli.

Ecco il nostro compito di legislatori responsabili. Vorrei che le donne non avessero più paura  dei propri uomini. Vorrei  donne che non avessero paura del proprio futuro, non avessero paura della propria affermazione, non avessero paura di fare figli, non avessero paura di confrontarsi e di vincere le battaglie per il lavoro e nel lavoro. Vorrei donne finalmente protagoniste della loro vita e con lo sguardo verso il futuro per un destino a loro finalmente favorevole. Donne in grado di poter affrontare qualsiasi difficoltà in un paese più giusto pensato anche per loro.

 

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