La cultura dello sballo, spesso inconsapevolmente affrontata, quasi fosse un gioco, miete ancora una vittima tra i nostri ragazzi. Siamo vicini alla famiglia e alla mamma di Erika che straziata ieri chiamava ancora il suo nome non credendo che la morte potesse avergliela portata via.
Sono storie che lasciano senza fiato: il solo pensiero di una giovane che muore in queste circostanze, laddove ci dovrebbe essere solo divertimento e spensieratezza, ci lascia attoniti.
Eppure dobbiamo ribellarci a questa cultura di morte, dello sballo per lo sballo, della vita messa in gioco per gioco. C’è un vuoto in cui si afferma il nichilismo, che va urgentemente colmato. Erika è la figlia di una società che sta smarrendo i valori più profondi, quelli legati al rispetto della propria vita innanzitutto.
La repressione deve fare la sua parte per intercettare e colpire duramente i mercanti di morte, certo. Ma poi dobbiamo anche chiederci se dentro e fuori da quel locale ci fossero adeguati presidi di protezione, se il personale della sicurezza fosse formato per affrontare situazioni del genere, e se ci fosse la garanzia di interventi tempestivi in caso di emergenza.
Soprattutto dobbiamo, come classe politica, farci carico di una rivoluzione valoriale che sappia riaffermare i principi inderogabili della vita e del rispetto, anche verso se stessi. Bisogna, come sempre ripartire dalla scuola, favorendo occasioni di conoscenza e di consapevolezza.
E poi bisogna che anche la politica torni a dare un esempio. Torni ad essere il luogo del rispetto, del confronto, non dell’insulto e dell’offesa, come abbiamo visto anche nelle ultime ore. Che valori stiamo trasmettendo ai nostri figli? Una società in cui tutto è mercificabile e lo sballo è l’unica via di fuga da una realtà spesso difficile da affrontare? Che messaggio trasmettiamo quando giochiamo con la vita delle persone per un voto in più, o un titolo di giornale?
La morte di Erika ci chiama tutti in causa, e nessuno può esimersi dal dare una risposta.