Rosa Maria Di Giorgi, per la sua storia personale, non può certamente essere definita la classica cattolica bigotta e quindi, per curiosità e per capire meglio la sua posizione, Gay.it ha deciso di intervistarla.
La prima domanda è di rigore: non crede anche lei che vada trovata una soluzione giuridica per quelle coppie del medesimo sesso che crescono insieme un bambino nato da uno dei due partner?
Certo che va trovata una soluzione, è a questo che stiamo lavorando. Come sanno tutti sono totalmente a favore della legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso, e lo dimostra anche la mia storia politica. Da assessore alla scuola a Firenze ho sempre sostenuto nelle classi corsi curati da operatori membri di associazioni gay, sulla cultura gender, contro ogni forma di omofobia e discriminazione e, come ben documentato, sono sempre intervenuta a sostegno dell’affermazione dei diritti degli omosessuali. Voglio quindi sgombrare il campo da qualsiasi accusa di integralismo, che troverei anche offensiva e totalmente ingiusta nei miei confronti per storia personale, esperienza e convinzione, da donna di sinistra quale io sono da sempre. Quindi per me tutti i diritti, sempre. Ma al riconoscimento sacrosanto dei diritti serve anche senso di responsabilità ed equilibrio.
Non crede anche lei che vada trovata una soluzione giuridica per quelle coppie del medesimo sesso che crescono insieme un bambino nato da uno dei due partner? Perché la soluzione della stepchild adoption non la convince? L’affido – che ci pare la soluzione che lei ed una quindicina di senatori del PD proponete – si dice che sarebbe una soluzione peggiore dell’attuale perché oggi come oggi i giudici stanno riconoscendo un ruolo genitoriale al componente di una coppia di fatto omosessuale che non è madre o padre del bambino. Inoltre NON sarebbe una soluzione praticabile, perché l’affido va rinnovato periodicamente ed è sottoposto a verifica da parte dei servizi sociali. Cosa risponde a questa obiezione?
Lavoriamo proprio ad una soluzione giuridica soddisfacente per tutti, con una proposta che sta trovando il consenso di ben oltre 15 senatori del Pd. L’emendamento relativo alla stepchild adoption che ho sottoscritto credo che possa essere la soluzione equilibrata di cui parlavo, in quanto garantisce sia la coppia nella sua funzione genitoriale che il bambino, che sarà più protetto all’interno di un affido “rinforzato”.
Con questo emendamento, l’affidamento tradizionale che lei cita viene superato: viene disposto infatti in una forma speciale, non per due anni ma fino al compimento della maggiore età. I servizi sociali danno solo un parere al momento della decisione sull’affido oppure sul mantenimento dello stesso solo in caso di separazione. Il bambino rimarrà sempre con il genitore e con il suo partner, e a 18 anni potrà scegliere l’adozione. Con l’affido rinforzato la funzione dei genitori è poi garantita pienamente: l’affidatario ad esempio può rappresentare ovunque il bambino, dalla scuola alle Asl alle associazioni ed ha la piena tutela. Ad esempio, potrà incassare lui l’assegno dell’Inps in caso il minore sia disabile. Insomma, una norma pensata per garantire tutte le esigenze. Politicamente si tratta di un’ottima sintesi. Sarà il nuovo affido a far passare questa legge tanto attesa.
Perché lei firmò nel dicembre 2013 il progetto di legge del Senatore Marcucci che prevedeva sul tema una cosa che oggi pare iperuranica, e cioè la presunzione di paternità in costanza di unione civile? Non le pare contraddittorio col suo pensiero attuale?
Firmai la proposta di legge Marcucci proprio perché, al di là dei contenuti, era la prima proposta della legislatura sul tema dei diritti civili e volevamo essere tempestivi. Si trattava di un atto politico importante anche per la tempistica. Abbiamo sempre voluto una legge per le coppie omosessuali e decidemmo di presentare subito un ddl per avviare la discussione riservandoci di approfondire le questioni successivamente, con l’obiettivo prioritario di avviare al più presto l’iter. Serviva per smuovere le acque stagnanti della società italiana e mi sembra che quel risultato l’abbiamo raggiunto.
Non concorda con la senatrice Cirinnà ed altri membri anche autorevoli del suo gruppo parlamentare che all’opportunità di tenere unita la maggioranza si debba derogare in casi come questi, che attengono alle coscienze individuali? Tanto più che la maggioranza in Parlamento su questo ddl c’è e sarebbe più larga di quella che governa il paese.
Sono sempre stata contraria alle maggioranze variabili. Un Governo deve cercare di mediare all’interno dei gruppi di maggioranza. Il nostro emendamento può essere una buona mediazione che tiene conto del contesto sociale e degli equilibri politici in essere, oltreché delle riflessioni che, a livello culturale, si sono venute acquisendo anche in ambienti che fino a non molto tempo fa mai avremmo pensato di poter condurre a questo punto di arrivo. Credo che la comunità gay possa considerare un buon risultato questo ddl che vede unite tante persone e tante sensibilità. Nella politica ci sono momenti in cui con molto realismo si devono accettare soluzioni che anche se non rispondono al 100% alle nostre aspettative, sono comunque un avanzamento significativo, una tappa importante comunque raggiunta.
Se il gruppo decidesse di portare il ddl al voto così come è e l’annunciato vostro emendamento fosse bocciato, voterebbe contro la legge nel suo insieme?
Io sono un rappresentante del Pd e voterei la legge anche se questa mediazione non dovesse passare. Dentro il partito si combatte per le proprie idee o quelle che crediamo essere le migliori sintesi possibili. Ma, una volta compiuto questo percorso, alla disciplina di partito non si deroga.