di Antonello Salerno
Pubblichiamo le opinioni dei deputati e dei senatori che hanno aderito all’intergruppo sull’Innovazione. Un insieme di eletti bipartisan che “fa gruppo” con l’obiettivo di sensibilizzare i Palazzi e indirizzare i provvedimenti esaminati da aule e commissioni per “rimettere il digitale al centro delle decisioni parlamentari”.
Risponde Rosa Maria Di Giorgi, classe 1955, primo ricercatore al Consiglio nazionale delle Ricerche, eletta alla Camera nella lista del Partito Democratico, iscritta al gruppo del Pd. Fa parte della commissione Istruzione pubblica e beni culturali.
Senatrice Di Giorgi, perché ha aderito all’intergruppo Innovazione?
E’ tutta la vita che mi occupo di questi temi. Sono un ricercatrice del Cnr, dirigo un gruppo di ricerca presso l’istituto di teoria e tecniche dell’informazione giuridica che si occupa delle modalità di scrittura dei testi normativi: con noi lavorano linguisti, informatici, giuristi e sociologi. Lavoro in questo istituto dagli anni 80, questa è la mia vita. Appena ho scoperto che in Parlamento c’era il gruppo innovazione era obbligatorio che ne facessi parte, come faccio parte anche della commissione bicamerale sulla semplificazione.
Quali sono le prime sfide con cui vi misurerete?
E’ prioritaria una prima legge sulla semplificazione che raccolga e armonizzi quello che è stato fatto in materia fino a oggi, a partire dalla legge Bassanini negli anni 90, quando si cominciò a impostare il tema della semplificazione a tutti i livelli. Una delle prime azioni che dobbiamo fare, come emerso anche dalle audizioni, è esaminare procedimento per procedimento lo stato della semplificazione nel nostro Paese. Bisogna chiedere ai ministeri, alle Regioni e ai Comuni, entro un arco di tempo stabilito e vincolante, basterebbero sei mesi, di adottare un “pacchetto semplificazione”. I burocrati si opporranno dicendo che servono anni, perché in ogni passaggio procedurale si annidano il potere e le opportunità della corruzione. Sulla corruzione la Corte dei Conti dice che buttiamo via 60 miliardi l’anno, e questo dimostra quanto la semplificazione sia centrale per il nostro Paese. Tutti gli organismi di Governo dovrebbero assumerla come priorità.
Quanto le è utile la sua esperienza al Comune di Firenze in questa battaglia?
A Firenze sono stata Capo di Gabinetto, direttore dell’ufficio del Sindaco, oltre che assessore all’istruzione. Sulla scuola c’è da iniziare informatizzando ovunque le iscrizioni, e in alcune zone del nostro Paese questo non è stato ancora possibile. Siamo indietro sulle reti e questo contribuisce a fare sì che in alcune scuole non ci sia la banda larga né il collegamento a Internet, un problema per la didattica ma anche per l’amministrazione. Sarà importante superare questi gap, insieme al digital divide, che riguarda soprattutto il personale amministrativo e i docenti. Dobbiamo proseguire sulla strada dell’innovazione nelle scuole, ma sono necessarie risorse per la formazione degli insegnanti. Se al centro della didattica non c’è l’innovazione noi creiamo ragazzi che poi sono in grado di utilizzare tutti gli strumenti della conoscenza.
Quale potrebbe essere un esempio virtuoso di innovazione nelle scuole?
A Firenze abbiamo attivato, ad esempio, un servizio della prenotazione via tablet della mensa: i genitori possono confermare la presenza dei loro figli, la prenotazione viene ricevuta dai bidelli e comunicata a chi si occupa di preparare i pasti. Questo consente una drastica riduzione degli sprechi, perché vengono ogni giorno preparati soltanto i pasti che saranno effettivamente consumati. Si parla di 25mila pasti al giorno, e la sperimentazione che si è conclusa l’anno scorso ha dato ottimi risultati.
Quanto può contare la collaborazione tra enti locali in questo campo?
Negli anni scorsi sono stata responsabile della rete telematica della regione Toscana, l’idea di fondo era di mettere in rete le amministrazione per avere semplificazione e condividere dati e software, in collaborazione anche con i ministeri e i loro uffici territoriali. Anche in questo caso con due obiettivi, il risparmio e la semplificazione. Abbiamo affrontato una serie di resistenze di ogni tipo, e alla fine siamo riusciti a creare una rete orizzontale coinvolgendo anche le prefetture e le amministrazioni periferiche dello Stato. L’altro aspetto è l’impegno che il Governo dovrà prendere è l’abbattimento totale del digital divide, perché l’accesso alla rete deve essere un servizio essenziale. Immagino tra 10 anni le persone che escono da casa soltanto per piacere, e non per mettersi in coda davanti a un ufficio, con l’innovazione che diventa un elemento forte di innalzamento della qualità della vita e dell’ambiente. E in quest’ottica sarà importante promuovere anche il telelavoro.
Che tipo di sensibilità ha incontrato su questi temi?
Una grande fatica negli anni scorsi, con il passare del tempo sempre meno. C’è sensibilità, ma sulla competenza ci sarà ancora molto da lavorare. Il Senato è molto avanti nell’informatizzazione, e anche i senatori, di qualsiasi età, sono tutti col tablet, tutti su twitter. C’è una grande consapevolezza su questi temi, ma si deve lavorare, e siamo ancora indietro nella redazione delle norme sia alla Camera, sia al Senato, sia negli uffici legislativi dei ministeri. Il Paese è vittima del bizantinismo più assoluto nella redazione delle norme, e su questo sarà necessario intervenire: esistono strumenti informatici che potrebbero essere di grande aiuto.