Il Senato italiano affronta un tema difficile e ricco di contraddizioni nella proposta di legge “Regolamentazione del fenomeno della prostituzione”. L’idea delle Senatrici e dei Senatori che hanno sottoscritto il provvedimento è quella di far emergere e di regolamentare un fenomeno che da sempre si cerca di ignorare, pur conoscendone l’impatto sociale ed etico.
Sono passati cinquantacinque anni da quando la Legge Merlin chiudeva le case di tolleranza. Allora un atto coraggioso, contro la schiavitù delle case chiuse. Venne introdotto il principio che la prostituzione fosse attinente alla sfera privata dei rapporti tra le persone, ossia un’attività lecita che non rendeva perseguibile chi la esercitava o chi ne fruiva.
Da allora abbiamo vissuto come in un limbo, confinando ai limiti della società l’esercizio di un’attività ritenuta moralmente condannabile e disdicevole. Abbiamo fatto finta di non vedere, come se questo potesse bastare a cancellare i problemi che rimanevano aperti.
Oggi la prostituzione è proliferata in modo impressionante e si stimano nel nostro Paese circa 70 mila professionisti e oltre 9 milioni di clienti. Un mercato enorme in cui si sono inserite organizzazioni criminali di varie nazionalità che si arricchiscono con le schiave del sesso, ragazze soprattutto extracomunitarie.
A fronte di questo, però, non possiamo ignorare che vi sono anche donne, uomini o transessuali che hanno scelto “liberamente” di esercitare questa professione, a cui per assurdo la legge non riconosce nessuna tutela.
Nella norma proposta al Senato si distingue l’esercizio della prostituzione per scelta personale dalla prostituzione coatta, sfruttata e gestita dalla criminalità, basata sulla tratta delle donne, sul sequestro e sullo sfruttamento. Donne soggiogate, minacciate e sottoposte a indicibili violenze fisiche e psicologiche.
Se da un lato abbiamo l’obbligo di combattere in modo ancora più duro lo sfruttamento – come viene previsto nel nuovo testo di legge – dall’altro abbiamo il dovere di introdurre tutele e riconoscimenti per i cosiddetti “sex worker“. Non può essere il consueto facile moralismo italico a guidare le nostre scelte. In questo progetto di legge si propone finalmente una regolamentazione chiara che introduce inasprimenti delle pene per lo sfruttamento e investe su percorsi assistiti per le donne che vogliono cambiare vita e si lega la prostituzione a un’autorizzazione, conseguente all’iscrizione alla Camera di Commercio. In questo modo si crea, di fatto, un mercato legale con l’intento di sottrarlo alla criminalità e all’emarginazione. Sono consapevole di quanto possa essere dirompente un intervento di questa natura. Credo che accanto alle leggi non si possa prescindere da una mirata azione culturale ed educativa, tanto necessaria nel nostro Paese, in quanto la prostituzione è sempre una sconfitta, da qualsiasi punto di vista si voglia considerare.
Vendere il proprio corpo non significa certo libera autodeterminazione, ma asservimento, cosciente o no, a una mercificazione figlia di una concezione distorta dei rapporti interpersonali e del sesso. Le storie recenti delle baby prostitute ci devono far pensare. Una risposta utile può essere l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole. Un passaggio non banale, perché da un diverso approccio con la sessualità può nascere fra i giovani anche un modo più sano di vivere i rapporti emotivi e affettivi nel rispetto reciproco e in particolare nei confronti delle donne.
Senatrice Rosa Maria Di Giorgi