Prato. Interventi urgenti per garantire sicurezza su lavoro anche nelle fabbriche cinesi

Prato. Interventi urgenti per garantire sicurezza su lavoro anche nelle fabbriche cinesi

La senatrice Di Giorgi (PD) presenta un’interrogazione al Ministro dell’Interno e al Ministro per l’Integrazione

“Servono interventi urgenti per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro nelle fabbriche gestite da cinesi, sia con interventi di integrazione che aiutino a sviluppare una coscienza dei propri diritti nei lavoratori, che attraverso un’implementazione delle ispezioni da parte degli enti competenti. Tragedie come quella del Macrolotto di Prato non possono ripetersi”.

E’ quanto afferma la senatrice del Pd Rosa Maria Di Giorgi, prima firmataria di un’interrogazione presentata al Ministro dell’Interno e al Ministro per l’integrazione in merito al tragico incendio in una fabbrica cinese di Prato, in cui hanno perso la vita sette lavoratori.

“Chiedo ai Ministeri competenti – spiega la senatrice – quali iniziative intendano adottare al fine di reprimere, anche con sanzioni penali che incidano sull’organizzazione, sul prodotto e sui profitti economici delle imprese, lo sfruttamento della manodopera cinese ed ogni altra forma di speculazione che coinvolga lavoratori irregolari; e se non ritengano di dover promuovere un progetto di integrazione specifico per i cittadini extracomunitari cinesi che vivono in Italia, utile ad impedire la ghettizzazione familiare e comunitaria e a favorire programmi di mediazione e di inserimento sociale, sostenendo l’impegno assunto dagli enti locali ,e favorendo interventi legati alla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro anche attraverso una implementazione delle misure di carattere ispettivo da parte degli enti a ciò preposti”.

 

Segue testo dell’interrogazione, con le prime firme degli aderenti 

 

Interrogazione orale con carattere di urgenza

(ex art. 151 Reg. Sen.)

 

Al Ministro dell’Interno 

Al Ministro per l’Integrazione

 

Premesso che:

 

nella giornata dell’ 1 dicembre 2013, intorno alle 6.45, presso lo «Ye-Life Teresa Moda» sito in Prato, si è sviluppato un terribile incendio, provocato probabilmente da una stufa elettrica, che ha causato la morte di sette persone tutte di nazionalità cinese. La maggior parte delle vittime sono state sopraffatte nei loculi-alloggio, tra i macchinari della fabbrica, o sotto le macerie del tetto del capannone in parte crollato. La Procura di Prato ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo plurimo;

 

ritenuto che:

 

l’immigrazione cinese in Europa è un fenomeno di notevoli dimensioni che coinvolge, secondo certe stime, più di settecentomila persone che, a loro volta, fanno parte di una vastissima diaspora mondiale. Essa si distingue dalle altre che interessano i nostri paesi per alcune peculiari caratteristiche, quali una particolare coesione ed una solida identità etnica e culturale, accompagnata da una estrema vitalità ed intraprendenza economica. Gli studi per ora fatti intorno al fenomeno migratorio cinese sottolineano però una difficoltà a determinare modelli o categorie per definire in maniera univoca e generalizzata la diaspora cinese in Europa e nel mondo. Essa assume forme e caratteristiche del tutto particolari secondo i luoghi, mentre, per un altro verso, sembrerebbe essere il diretto prodotto di una medesima cultura;

 

anche l’immigrazione cinese in Italia si colloca in questo quadro. Nonostante che le prime comunità si fossero insediate in settori tradizionali come quello della ristorazione, all’inizio degli anni novanta, l’adattabilità e la flessibilità dell’imprenditoria e della manodopera cinese ha approfittato della crisi del settore confezioni e pelletteria, correlata alla facilità di reperire laboratori lasciati ormai vuoti e macchine semplici a basso costo, sviluppando, in pochi anni, migliaia di piccole imprese, rafforzando, così, la catena migratoria;

 

a Prato, dalla metà degli anni novanta si è creata una comunità cinese, divenuta nel tempo una delle più consistenti con il più alto numero di cinesi rispetto al totale dei residenti.  Attualmente, i cinesi residenti o con permesso di soggiorno sono 32.000, sebbene si stimi che le presenze irregolari siano, soltanto nel territorio di Prato, circa 15.000. Ove si consideri che dalla dichiarazione di emersione 2012 risulta che, dallo stesso territorio sono provenute 928 domande di lavoro domestico e 126 per lavoro subordinato, si può comprendere quanto i provvedimenti di regolarizzazione non siano, finora, riusciti ad intercettare una presenza superiore che rimane nell’anonimato;

 

la tendenza delle comunità cinesi a rinchiudersi in se stesse ha reso assai difficile promuovere processi di integrazione, mentre ha prodotto, di fatto, una separatezza che, in più parti del Paese, ha dato vita a vere e proprie Chinatown. A questo ha certamente contribuito una vera e propria barriera linguistica dovuta alla forte distanza tra la lingua cinese e le lingue occidentali. Inoltre, i cinesi hanno una concezione dello stato e della legge profondamente diversa dalla nostra poichè privilegiano il concetto dell’autorità e della gerarchia. Questi ostacoli hanno impedito una dinamica positiva di relazione e di scambio interculturale e, nei gruppi cinesi, hanno favorito l’affermazione di regole e comportamenti interni, fino a giustificare fenomeni di sfruttamento di cui, nell’ambito lavorativo, si sono avvantaggiate anche le committenze italiane;

 

rilevato che:

 

l’azienda colpita dall’incendio rappresenta una delle quattromila aziende di confezioni alla periferia sud di Prato gestite da immigrati cinesi, trasformate anche in dormitorio per un numero non precisato di persone, per lo più irregolari, costrette a vivere nei capannoni, lavorando senza soluzione di continuità;

 

le condizioni di vita degradate e disumane in cui versano migliaia di persone, prevalentemente giovani adulte, che lavorano nell’irregolarità e fuori da ogni tutela richiesta dalla legislazione italiana, impongono una attenzione specifica nonché una attività di contrasto ad una economica sommersa che altera il sistema competitivo tra le imprese e trae profitto dallo sfruttamento;

 

si chiede di sapere:

 

quali iniziative i Ministri in indirizzo intendano adottare al fine di reprimere, anche con sanzioni penali che incidano sull’organizzazione, sul prodotto e sui profitti economici delle imprese, lo sfruttamento della manodopera cinese ed ogni altra forma di speculazione che intervenga nella  catena migratoria cinese verso l’Italia;

 

quale iniziativa intendano adottare per favorire percorsi di migrazione regolare dei cittadini extracomunitari  cinesi che entrano e vivono in Italia, anche in considerazione della difficoltà oggettiva ad intervenire mediante procedure di regolarizzazione nonché mediante azioni di allontanamento degli irregolari dal territorio nazionale;

 

se non ritengano di dover promuovere un progetto di integrazione specifico per i cittadini extracomunitari cinesi che vivono in Italia, utile ad impedire la ghettizzazione familiare e comunitaria e a favorire programmi di mediazione e di inserimento sociale, con ciò sostenendo il notevole impegno assunto dagli enti locali e favorendo interventi legati alla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro anche attraverso una implementazione delle misure di carattere ispettivo da parte degli enti a ciò preposti;

 

se non valutino necessario assicurare una costante attività di analisi e monitoraggio delle dinamiche e dei fenomeni che si realizzano nei territori fortemente interessati dall’insediamento di immigrati cinesi, al fine di prevenire situazioni di emergenza sociale, di garantire la legalità e di promuovere azioni di risanamento strutturale anche attraverso la riqualificazione urbanistica delle aree urbane.

 

 

 

Firmatari

Rosa Maria DI GIORGI, Valeria FEDELI, Salvatore MARGIOTTA, Emma FATTORINI, Lucio ROMANO, Maria Grazia GATTI, Vincenzo CUOMO, Guido COCIANCICH, Giancarlo SANGALLI, Leana PIGNEDOLI, Mario MORGONI, Mauro DEL BARBA, Carlo LUCHERINI, Claudio MOSCARDELLI, Claudia CANTINI

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