Fascismo, esodo, le tragedie del confine orientale. La memoria e le immagini di una pagina tragica della storia italiana sono messe in ordine per raccontare le foibe.
Questa mattina, nel Salone dei Duecento, si è svolta la celebrazione del ‘Giorno del Ricordo’, la commemorazione di una tragedia della storia a lungo dimenticata. Istituita nel 2004, questa giornata rappresenta infatti un momento simbolico per recuperare la memoria di fatti drammatici che hanno visto coinvolti oltre 250mila italiani del confine orientale, fra esuli e vittime delle foibe. E al tempo stesso vuole essere un momento di riflessione e approfondimento rivolto alle giovani generazioni, attraverso percorsi di formazione incentrati sulle vicende storiche e sul contesto in cui si sono sviluppate.
Alla celebrazione, promossa dal Comune insieme alla Provincia, hanno partecipato un centinaio di ragazzi di scuole secondarie secondo grado insieme ai loro insegnanti: l’istituto Vasari di Figline Valdarno, l’Isis Leonardo da Vinci, l’Educandato Santissima Annunziata, l’istituto Dante Alighieri, l’istituto Tornabuoni-Cellini, l’istituto Buonatalenti, l’istituto Marco Polo e l’istituto Saffi. Una presenza non soltanto rituale: per gli studenti è stata una occasione per approfondire la conoscenza di una parte della storia del nostro paese fino a qualche anno fa trascurata.
«Per molti anni – ha sottolineato l’assessore all’educazione Rosa Maria Di Giorgi – delle foibe non se ne poteva e voleva parlare: dopo gli orrori del nazifascismo c’erano equilibri politici e internazionali da mantenere e si faceva fatica a riconoscere i gravissimi torti del comunismo».
«Si è cercato per tanto tempo di non parlare di questi tragici fatti – ha proseguito Rosa Maria Di giorgi – ma grazie alle associazioni dei profughi e al lavoro degli storici per sottrarre all’oblio quella tragica pagina della nostra storia».
L’assessore Di Giorgi ha poi ricordato le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano pronunciate nel suo intervento alla cerimonia in occasione del Giorno del Ricordo: «Desidero anzitutto rinnovare il profondo sentimento di vicinanza e di solidarietà mio personale e delle istituzioni repubblicane ai famigliari delle vittime delle orrende stragi delle foibe e ai rappresentanti delle associazioni che coltivano la memoria di quella tragedia e dell’esodo di intere popolazioni. Impegnarsi è stato giusto e importante. Si è posto fine a ‘ogni residua congiura del silenzio’ a ogni forma di rimozione diplomatica o di ingiustificabile dimenticanza rispetto a così tragiche esperienze».
Nel suo intervento Simone Neri Serneri, direttore dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana, ha ricordato come sia importante comprendere le contrapposizioni etniche, sociali e politiche, che hanno dilaniato le popolazioni di origine italiana e slovena e croata, in Istria e nella Venezia Giulia.
«Questa storia ci insegna molte cose – ha spiegato il direttore dell’Istituto storico della Resistenza – anzitutto che abbiamo pagato molto caro il progetto fascista di uno Stato di soli italiani. Poi ci insegna che anche gli italiani, in questi territori, sono stati vittime di una politica uguale e contraria e che culture sono vive perché convivono tra di loro e non perché uno Stato le impone con la forza ma si confrontano l’una con l’altra. E ci ha insegnato che è uno Stato oppressivo quello Stato che si costruisce negando le differenze di ciascuno di noi è portatore».
«L’insegnamento che ci hanno lasciato i profughi giuliano-dalmati nella loro sofferenza – ha concluso – è il diritto e la libertà di sentirsi italiani».
Subito dopo è intervenuto Antonio Ballarin, consigliere dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. «Questo ‘Giorno del Ricordo’ per noi costituisce un momento in cui fare emergere i valori di rispetto e di accoglienza verso il diverso – ha rilevato Ballarin – offrendo attenzione per le storie drammatiche che hanno coinvolto le popolazioni dei confini orientali e richiedendo, con la stessa determinazione, giusta dignità per la cultura, la storia e le sofferenze patite dai profughi e dai loro discendenti. La memoria trova il suo senso compiuto nel momento in cui è in grado di richiamare i concetti di bellezza, giustizia e verità cui la millenaria civiltà istriana e dalmata ha saputo costruire. Impegnarsi per la memoria vuol dire impegnarsi per la tutela delle diversità compresi i diritti della comunità nazionale italiana oggi presente in Slovenia, Croazia e Montenegro».
All’iniziativa erano presenti l’assessore provinciale alla pubblica istruzione Giovanni Di Fede, il vicepresidente vicario del consiglio comunale Jacopo Cellai, i componenti della commissione pace, presieduta da Susanna Agostini, i rappresentanti dell’Associazione Venezia-Giulia-Dalmazia, dell’associazione regionale Profughi italiani e dell’Anpi di Firenze.
«Questa è una storia complessa che è totalmente diversa da quella presentata, se non taciuta, per anni e anni – ha commentato il vicepresidente Cellai rivolgendosi agli studenti presenti nel Salone dei Duecento – voi giovani avete non solo il diritto di conoscere ma anche quello di farvi delle domande. Una, in particolare: perché una vicenda di queste proporzioni è stata taciuta o sottaciuta per 40 anni e c’è voluta una legge per commemorare quanto accaduto? C’è poi da chiedersi come mai una facoltà universitaria abbia tentennato prima di permettere lo svolgimento di una giornata di approfondimento e di studio sulle foibe e ci siano state strumentalizzazioni politiche nei confronti di ha fatto l’unico un corteo, a Firenze, per ricordare le vittime e l’esodo degli istriani e dei giuliano-dalmati». (fn)