L’assessore Di Giorgi: «L’ ‘albero della legalità’ sia per Firenze il simbolo della memoria di chi ha sacrificato la vita per lo Stato e della lotta alla mafia»
«Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Emanuela Loi, Walter Eddi Cusina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina». Li ha citati uno per uno Alessandro De Lisi, direttore del ‘Centro studi sociali progetto San Francesco’, durante la cerimonia, questa mattina al giardino dell’Orticoltura, per piantare un ulivo in memoria dei magistrati e degli agenti che nel 1992 furono uccisi nelle stragi di Capaci e via D’Amelio.
Erano presenti, oltre all’assessore all’educazione e alla legalità Rosa Maria Di Giorgi, il presidente di Assoindustria Sicilia Ivan Lo Bello, il procuratore Giuseppe Quattrocchi, il presidente del Quartiere 2 Gianluca Paolucci, il presidente del Quartiere 5 Federico Gianassi, il capogruppo Giovanni Galli, Maurizio Petriccioli, segretario nazionale Cisl, il viceprefetto di Firenze Rosa Milano e rappresentanti di Libera, Centro La Pira, Fondazione Caponnetto e Associazione familiari vittime della strage di via de’ Georgofili. Insieme a loro gli studenti dei licei Rodolico, Dante e Michelangelo, dell’Isis da Vinci e gli alunni della scuola primaria San Francesco.
L’iniziativa, ‘Piantiamo l’albero della legalità’, è stata organizzata dal ‘Progetto San Francesco’, l’assessorato all’educazione, Tavolo di Terra Futura, Filca-Cisl, Fiba-Cisl e Cisl Firenze. Filca, Fiba, Siulp e Cisl sono i promotori del Progetto San Francesco, che si propone di diffonderla cultura della legalità e della giustizia attraverso il dialogo di conoscenza e formazione tra sindacato, istituzioni, forze dell’ordine, enti ispettivi del lavoro come Inps e Inail.
«I frutti dell’impegno di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino restano preziosi – ha sottolineato l’assessore Di Giorgi – Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli agenti delle scorte sono stati servitori eccezionali dello Stato per lealtà e professionalità. Li ricordiamo e continueremo a ricordarli come grandi esempi morali per giovani e per tutta l’Italia. Ma per onorarli e combattere la mafia è necessario anche rifuggire dalla diffusa cultura della sopraffazione, della prepotenza e del disprezzo per le regole, troppo diffusi anche nella vita quotidiana. Questi atteggiamenti alla base di un modo sbagliato di intendere la vita che deve invece essere vissuta all’insegna del deciso rispetto delle regole, della trasparenza nella gestione della cosa pubblica e dell’attenzione alle grandi e piccole infiltrazioni criminali nella nostra quotidianità pubblica e privata».
«L’albero che piantiamo stamani – ha commentato Roberto Pistonina, segretario generale della Cisl Firenze – è un simbolo molto importante: ricorda degli uomini che hanno dato la loro vita sul posto di lavoro in nome della legalità. Promuovere la cultura della legalità, come la Cisl fa con il progetto San Francesco, significa promuovere l’economia sana e il lavoro regolare e sicuro. Siamo abituati a pensare la Toscana come indenne dalla mafia, ma nella quotidianità il 30% delle attività produttive anche del nostro territorio stanno subendo i tentativi di penetrazione della mafia. Per questo il mondo del lavoro deve reagire. La lotta va affrontata non solo con le leggi speciali, ma in primo luogo con una rivolta delle coscienze. Dobbiamo combattere quella ‘mafiosità’ del modo di pensare che accetta l’illegalità come normale, a partire dall’evasione fiscale. Un modo di pensare che in altre democrazie mature non esiste».
La commemorazione delle stragi di 20 anni fa è proseguita all’Hotel Albani con la tavola rotonda dal titolo ‘Lavoro, impresa e legalità per lo sviluppo del territorio’.
«Vedere lavoratori e studenti insieme a discutere di questi temi è confortante – ha rilevato l’assessore Di Giorgi nel suo intervento – la mafia non riguarda solo la Sicilia, ma tutto il Paese. La criminalità organizzata si sta infiltrando nelle attività economiche della nostra regione e su questo fenomeno bisogna sempre tenere alta l’attenzione, soprattutto nella gestione della cosa pubblica, con un forte controllo e con la massima trasparenza sugli appalti. Per far comprendere ai ragazzi quali rischi corra la nostra società, è stato molto importante l’intervento di Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, che ha sottolineato le difficoltà che affrontano e il coraggio che occorre agli imprenditori della sua regione per poter operare senza pagare il pizzo. L’associazione ha scelto di espellere chi si piega a questa pratica ricattatoria, una decisione estremamente dura, ma che sta dando buoni risultati per diffondere una cultura della legalità. Per i nostri giovani sono molto importanti le esperienze nelle terre liberate dalla mafia e la possibilità di confrontarsi con i loro coetanei del sud, che vivono esperienze molto diverse, confrontandosi con ambienti in cui è forte il senso del condizionamento mafioso». (fn)